10-04-2014
GLI STUDENTI RIDISEGNANO LA PSICHIATRIA
Prima di mettersi al lavoro i ragazzi dell’artistico incontrano i malati di epilessia: «Basta pregiudizi»
Entrare in punta di piedi in una realtà fragile, delicata, sconosciuta alla maggior parte delle persone e lasciare un segno che possa riflettersi in un sorriso sul volto di piccoli pazienti. Gli studenti delle classi 4LD e 4LC del liceo artistico realizzeranno la decorazione del nuovo reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale Carlo Poma. L'iniziativa rientra nel progetto “Fuori dall'ombra”.
Ieri mattina c'è stato il primo incontro preparatorio e i ragazzi hanno ascoltato il direttore generale dell'azienda ospedaliera Luca Stucchi, il direttore del reparto Giuseppe Capovilla, il medico Francesca Beccaria e in particolare le testimonianze di Ivano Porpora e Paola Baroni.
«Voi giovani non siete i protagonisti del futuro – ha detto Stucchi – ma quelli dell'oggi, perché si vive adesso. Fate parte di un progetto importante e dovete pensare che l'ospedale è anche vostro». Gli esperti Capovilla e Beccaria hanno parlato delle caratteristiche dell'epilessia, evidenziando soprattutto i pregiudizi che tale malattia trascina dietro di sé da sempre. «È una patologia neurologica, non una malattia mentale – hanno spiegato i medici – non ne esiste una sola forma e dipende da molti fattori. Il paziente nella gran parte dei casi arriva al controllo delle crisi e conduce una vita normale, anche se continuano ad esserci dei pregiudizi».
A sfatarli è stato Ivano Porpora, scrittore epilettico. «La prima crisi l'ho avuta all’età di quattordici anni – ha raccontato ai ragazzi – quando i miei compagni si preoccupavano della morosa e dei compiti e io vivevo con il terrore di avere una crisi davanti a loro. Nemmeno quando mi sono sposato ho detto a mia moglie di essere malato, avevo paura. I ragazzini seguiti dal Poma sono in uno stato di sofferenza e se dovete fare qualcosa per loro, dovete calarvi in quei panni, capire cosa succede al malato. L'empatia è essenziale».
La sala si è riempita di commozione con la testimonianza di mamma Paola. «Mia figlia Francesca ha dodici anni e la prima volta che ha avuto una crisi credevamo stesse morendo – ha raccontato – Il suo approccio con l'ospedale è stato un gioco, lì ci sentiamo in famiglia, ma i problemi sono arrivati quando lei ha cominciato a sentirsi malata nella società, a causa del confronto con gli altri. Ci sono pregiudizi e ignoranza verso l'epilessia e progetti come questo possono davvero contribuire a cambiare le cose».
Soddisfatti il dirigente Giuseppe Rizza, il professore Vincenzo Denti e il presidente dell’Abeo Vanni Corghi.
Elena Caracciolo
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